Secondo l’ottava edizione del dossier annuale “Animali in città” di Legambiente sono Modena, Prato e Verona le città più virtuose. I Comuni della Romagna che hanno aderito alla ricerca sono stati dieci. Molto bene Riccione e Cervia.

L’indagine di Legambiente, i cui dati sono stati presentati nel dicembre del 2019 e riguardano i dati raccolti nel 2018, ha analizzato i dati forniti dalle amministrazioni comunali con 1.162 questionari completi (circa il 15% di tutti i comuni d’Italia) e dalle aziende sanitarie (45 questionari completi, equivalenti al 39,5% del totale).

Il 66% dei Comuni dichiara di avere uno sportello (un ufficio o un servizio) dedicato ai diritti degli animali in città e la percentuale sale al 95% per i Comuni capoluogo.

Tra i capoluoghi di provincia che hanno risposto al questionario di non avere ancora attivato un apposito sportello ci sono Verbania, Rieti e Urbino.

I risultati complessivi e la situazione in Romagna.

Il premio nazionale Animali in Città per i Comuni è avvenuto con l’analisi dei 34 indicatori suddivisi in 4 macro aree.

Le amministrazioni comunali che raggiungono, complessivamente, una performance sufficiente (30 punti su 102/5) sono 122 su 1.162 pari al 10,5% del campione, a cui si aggiungono con una performance buona (40 punti su 102/5) 25 città (il 2,1% del campione). Solo 3 città raggiungono una performance ottima (50 punti su 102/5): Modena, Prato e Verona.

Nella valutazione di alcuni degli indicatori – precisa Legambiente – si è tenuto conto di due fattori compensativi per i piccoli e i piccolissimi Comuni.

In Romagna hanno partecipato all’indagine di Legambiente Animali in Città solo dieci comuni: Rimini, Riccione, Bellaria-Igea Marina, Cervia, Predappio, Poggio-Torriana, San Giovanni in Marignano, Savignano sul Rubicone, San Leo, Ravenna.

Ecco la classifica con il relativo punteggio complessivo. Solo Riccione e Cervia raggiungono una performance buona.

  1. Riccione (43,25)
  2. Cervia (40,05)
  3. Ravenna (38,05)
  4. Rimini (27,9)
  5. Bellaria-Igea Marina (24,95)
  6. Savignano sul Rubicone (24,45)
  7. San Giovanni in Marignano (23,7)
  8. San Leo (21,75)
  9. Poggio-Torriana (11,5)
  10. Predappio (10,05)

Le macro aree prese in considerazione.

Sono quattro le macro aree prese in considerazione:

  1. Quadro delle Regole (regolamenti comunali e/o ordinanze sindacali).
  2. Risorse impegnate e risultati ottenuti.
  3. Organizzazione delle strutture e i servizi offerti.
  4. Organizzazione ed efficacia delle attività di controllo.

Rispetto al quadro delle regole (regolamenti comunali e/o ordinanze sindacali), raggiungono una performance sufficiente (tra 8 e 10,6 punti) 74 città pari al 6,4% del campione; 46 città raggiungono una performance buona (tra 10,7 e 13,2 punti), pari al 3,9% del campione, mentre 17 città raggiungono una performance ottima (tra 13,3 e 18,5 punti) pari all’1,5% del campione; infine nessuna città raggiunge una performance eccellente, ossia tra 18,5 e 27(30) punti.

In questo settore Rimini e Ravenna ottengono, rispettivamente, il punteggio di 10,5 e 13,05. Riccione (11,25), Bellaria-Igea Marina (1).

Rispetto alle risorse impegnate e risultati ottenuti in alcuni elementi chiave, raggiungono una performance sufficiente (tra 7,4 e 9,8 punti) ben 300 città pari al 25,8% del campione; tra queste, 301 città raggiungono una performance buona (tra 9,8 e 12,2 punti) pari al 25,9% del campione; mentre 111 città raggiungono una performance ottima (tra 12,3 e 17,1 punti,) pari all’9,5% del campione; infine solo 7 città, Vezzano sul Crostolo (RE, 4.237), Isolabella (TO, 383), Mozzanica (BG, 4.533), Fratte Rosa (PU, 936), Senna Lodigiana (LO, 1.846), Clauzetto (PN, 383) e San Cipriano Po (PV, 478), raggiungono una performance eccellente (tra 17,2 e 25 punti) pari allo 0,6% del campione totale.

Su questo versante Rimini e Ravenna ottengono, rispettivamente, il punteggio di 2 e 4. Riccione (7), Bellaria-Igea Marina (5).

Per l’organizzazione delle strutture e i servizi offerti al cittadino raggiungono una performance sufficiente (tra 7,4 e 9,8 punti) 354 città pari al 30,5% del campione; 102 città raggiungono una performance buona (tra 9,9 e 12,2 punti) pari all’8,7% del campione, mentre 45 città raggiungono una performance ottima (tra 12,3 e 17,15 punti) pari al 3,9% del campione; infine solo 3 città, Prato (194.590), Terni (110.749) e Maruggio (TA, 5.235), raggiungono una performance eccellente (tra 17,2 e 25 punti) pari allo 0,3% del campione totale.

Rimini e Ravenna ottengono, rispettivamente, il punteggio di 9,65 e 13,05. Riccione (15,25), Bellaria-Igea Marina (7,7).

Sulle alle attività di controllo ed alla sua organizzazione ed efficacia, raggiungono una performance sufficiente (tra 7,4 e 9,8 punti) 105 città, pari al 9% del campione; 37 città raggiungono una performance buona (tra 9,9 e 12,2 punti) pari al 3,2% del campione mentre 8 città raggiungono una performance ottima (tra 12,3 e 17,1 punti) pari all’0,8% del campione; infine nessuna città arriva ad una performance eccellente tra 17,2 e 25 punti.

Rimini e Ravenna ottengono, rispettivamente, il punteggio di 5,75 e 7,5. Riccione (9,75), Bellaria-Igea Marina (11,25).

I numeri di cani e gatti in Italia.

I cani (unico animale d’affezione soggetto a registrazione obbligatoria) presenti in Italia a dicembre 2019 oscillano incredibilmente tra gli 11.630.000 e i 27.300.000. Infatti, secondo le anagrafi regionali ne risultano 11.630.328; se partiamo invece dalle informazioni pervenute da 50 Comuni di diverse regioni italiane che hanno fornito i dati “migliori” rispetto all’anagrafe canina, in Italia dovrebbero esserci 27.312.000 cani (cioè un cane ogni 2,21 cittadini). Se però consideriamo le informazioni ricevute da 3 Aziende sanitarie locali di Emilia Romagna, Umbria e Abruzzo che hanno fornito i dati “migliori” rispetto all’anagrafe canina, i cani sarebbero 21.480.265 (un cane ogni 2,81 cittadini).

Per i gatti, la cui registrazione è facoltativa, i dati dell’anagrafe restituiscono un quadro molto distante dalla realtà: sono registrati solo 602.421 animali. Ma se si considerano i numeri dei gatti presenti nelle colonie feline forniti da 250 Comuni, gli esemplari sarebbero almeno 1.020.646. Mentre sarebbero circa 2.395.000 (uno ogni 25,2 cittadini) i gatti presenti nel Paese stando ai numeri ricevuti da 50 Comuni di diverse regioni italiane, e almeno 1.378.071 gatti (uno ogni 43,8 cittadini) secondo le informazioni ricevute da 3 Aziende sanitarie locali di Lombardia, Lazio ed Emilia Romagna che hanno fornito i dati “migliori” rispetto all’anagrafe felina. In realtà, come confermano tutte le indagini relative alla presenza di animali da compagnia nelle case degli italiani, il numero dei gatti in Italia sarebbe simile a quello dei cani.

La spesa.

La spesa per la gestione degli animali in città ammonta complessivamente a 220.915.938 euro nel 2018. I Comuni dichiarano, infatti, di aver speso per questa voce 176.853.470 euro, a cui vanno sommati i 44.062.468 euro spesi dalle aziende sanitarie. Il Comune di Verona è quello che, a fronte di servizi di qualità, registra la spesa minore: 1,43 euro a cittadino. Tra i comuni che più spendono per offrire invece servizi scarsi, c’è Montalbano Jonico (MT), che spende ben 30,34 euro a cittadino di fatto solo per gestire i cani in canile.

Il 13% dei Comuni ha fatto campagne di sterilizzazione dei cani l’anno scorso (per circa 25.000 cani secondo le stime), percentuale che sale al 60% per i Comuni capoluogo. Il 12% dei Comuni ha fatto campagne di microchippatura dei cani (17% nei Comuni capoluogo), mentre solo il 4% dei Comuni ha fatto campagne di microchippatura dei gatti (10% nei Comuni capoluogo). Campagne antiabbandono e informative sono state realizzate nel 18% dei Comuni e nel 43% dei capoluoghi.

Solo il 16% dei Comuni (ma la percentuale sale all’88% per i Comuni capoluogo) dichiara di avere un canile sanitario, struttura essenziale per il pronto intervento in caso di ritrovamento di un cane ferito. La situazione è ancora peggiore per i gattili sanitari (essenziali per salvare un gatto ferito) che sono presenti solo nel 6% dei Comuni e nel 36% dei Comuni capoluogo. Solo l’11% dei Comuni è in contatto con un centro di recupero per animali selvatici a cui indirizzare chi dovesse trovare un gabbiano o un merlo feriti, e la percentuale scende al 7% se si trova una volpe o un riccio feriti, al 2% se si trova una tartaruga marina o un delfino in difficoltà, e a meno dell’1% se si trova un’iguana o un’altra specie animale alloctona ferita.

A proposito di canili sanitari, va messo in evidenza che il loro buon funzionamento dipende da diversi fattori: bassa o alta presenza, nel territorio di competenza, di cani vaganti (padronali o randagi), efficacia e tempestività nel loro recupero, elevata percentuale di cani restituiti ai proprietari, 100% dei randagi dati in adozione e, quindi, nessun cane in canile rifugio.

Il Comune di Noceto (PR), ad esempio, nel 2018 ha visto entrare in canile due cani, di cui uno ancora presente a fine anno, e ne ha restituiti 22 recuperati sul territorio ai proprietari. Diverso il discorso per i gattili (poiché il numero dei gatti anagrafati è bassissimo) ma si può comunque menzionare il risultato ottenuto dal Comune di San Gillio (TO) che ha recuperato più di 500 gatti, di cui sei sono stati restituiti ai proprietari, 300 dati in adozione e 200 rilasciati in oasi e colonie feline e solo 12 gatti erano presenti nel gattile a fine 2018.

In generale, nel 29% dei Comuni gli animali d’affezione possono accompagnarci sui mezzi di trasporto pubblico, percentuale che sale al 90% nei Comuni capoluogo. L’accesso con i propri amici a quattro zampe negli uffici pubblici è consentito invece solo nel 14% dei Comuni (62% dei Comuni capoluogo), mentre è del 15% la percentuale dei locali pubblici che consentono l’accesso degli animali da compagnia (65% nei comuni capoluogo).

Stando ai dati forniti, c’è da chiedersi se esiste una differenza di gestione sostanziale tra grandi città e comuni di dimensioni minori. Emerge che la principale divergenza riguarda la “vivibilità” percepita dai cittadini, che si traduce nelle metropoli e nelle grandi città in diffusione e prossimità di spazi dedicati (aree cani), in un’offerta di trasporto pubblico adeguata e nel rispetto dei regolamenti per il possesso responsabile e la convivenza civile.

In questo gruppo, per esempio, il Comune di Milano offre un elevato numero di aree dedicate (374) e un’ampia offerta di trasporto pubblico, mentre sui controlli di regolamenti e ordinanze non brilla nessuna grande città.

Nei Comuni di minore dimensione e, soprattutto, in quelli delle aree interne o delle regioni meridionali, la maggiore difficoltà percepita è relativa alla gestione dei cani vaganti, con ricadute rilevanti sugli aspetti sociali (etici ed economici). In questo senso, alcuni dati sono illuminanti: se a Milano (1.378.689 cittadini) vi erano 165 cani in canile a fine 2018, a Villa Serio (BG, 6.780) ve ne erano 200, a Matelica (MC, 9.612) 220, a Lanciano (CH, 34.899) 224, a Correggio (RE, 25.485) 250, a Tivoli (RM, 56.472) 287, a Cava dei Tirreni (SA, 52.931) 290, ad Alghero (SS, 43.931) 324, a Porto Torres (SS, 22.126) 359, a Gioia del Colle (BA, 27.573) 437, a Bisceglie (BT, 55.251) 450, a Reggio Calabria (180.369) 597, a Sassari (126.870) 679, a Terni (110.749) 741, a Latina (126.746) 751, a Catania (311.594) 1.415.

I dati forniti da Comuni e Asl restituiscono un quadro fortemente disomogeneo e, nel complesso, risultati inadeguati rispetto all’ingente spesa pubblica di 221 milioni di euro annui dichiarata per la gestione degli animali nelle nostre città – ha dichiarato il responsabile nazionale fauna e benessere animale di Legambiente, Antonino Morabito -. Ancor più se si considera che i Comuni dichiarano di spendere il 58% del bilancio destinato al settore per la gestione dei canili rifugio, circa 102 milioni di euro della spesa stimata per il 2018. Non basta quindi il lavoro messo in campo finora dagli enti più virtuosi e il pressing di associazioni e cittadini, è necessaria una strategia nazionale che metta in sinergia i diversi livelli dell’amministrazione pubblica, rendendo protagonisti i cittadini, per superare una situazione in troppi casi ancora oggi drammatica”.

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