Per garantire il benessere del proprio pet, i conviventi umani devono conoscere e rispettare i segnali di un suo disagio emozionale. Parliamo quindi di benessere e stress.
di Nadia Maccaferri, Medico Veterinario Esperto in Comportamento Animale – RIMINI (tel. 0541 52471)
Il benessere corrisponde “allo stato emotivo, mentale, fisico, sociale e spirituale di ben-essere che consente alle persone di raggiungere e mantenere il loro potenziale personale nella società”, così definito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1998 nella Dichiarazione Mondiale sulla Salute in cui la salute stessa è intesa come una condizione di benessere fisico, psicologico e sociale.
Per i conviventi umani e animali si pone l’attenzione, quindi, non soltanto sulle libertà dai bisogni fondamentali ( fame, sete, freddo, dolore fisico), ma anche sulla promozione del benessere inteso in senso più ampio (comprendendo aspetti fisici, psicologici e sociali) con interventi di cura e di prevenzione.
Ogni individuo è un sistema complesso che non si riduce alla semplice somma delle sue parti, non è fatto di organi e funzioni che lavorano a “compartimenti stagni”, ma di una complessa rete di connessioni tra loro fortemente interdipendenti ( Sistema Psico Neuro Endocrino Immunologico-PNEI). Esistono quindi relazioni bidirezionali tra psiche e sistemi biologici.
Gli anni Novanta hanno visto una crescita significativa degli studi sulla neurobiologia delle emozioni. La disregolazione del sistema dello stress da parte di emozioni, traumi ed eventi stressanti in genere, altera potentemente l’assetto e il funzionamento del sistema immunitario. Ciò si ripercuote inesorabilmente su tutti i sistemi dell’organismo determinando sia sintomi psichici (ansia, depressione, sindrome da fatica cronica), sia disordini di carattere più propriamente medico (malattie autoimmuni, allergie, cancro).
Possiamo quindi definire il benessere come “uno stato di salute mentale e fisica in cui l’individuo è in armonia con il suo ambiente”. Per garantire quindi il benessere del proprio pet, i conviventi umani devono conoscere e rispettare i segnali di un suo disagio emozionale. Se il nostro cane zoppica non lo obblighiamo sicuramente a correre nel parco, perché se invece mostra un disagio emozionale in un determinato contesto cerchiamo di “forzarlo perché così si abitua”? Una delle funzioni fondamentali di noi Veterinari Comportamentalisti, in collaborazione con Educatori ed Istruttori Cinofili qualificati, è proprio quella di dare ai conviventi umani prima di tutto le chiavi per riconoscere e gestire le caratteristiche psicologiche e le fragilità emotive del “loro” cane o gatto, consentendo successivamente al sistema famiglia di superare le difficoltà.
Come si definisce lo stress?
Lo stress viene definito come un effetto perturbante su un individuo che sovraccarica i suoi sistemi di controllo e regolazione e riduce , o sembra ridurre, la sua efficienza. La riduzione di efficienza può essere compensata o portare a conseguenze dannose per l’individuo.
Ci sono principalmente due tipi di stress: eustress e distress.
Eustress.
In questo caso le sollecitazioni sono proporzionate alla capacità di risposta dell’organismo e determinano una reazione neuroendocrina e psichica armoniose ed adeguate. Può essere considerato uno stress “buono” perchè aiuta l’individuo ad affrontare le situazioni che si presentano fuori dalla sua comfort zone e ad apprendere. E’ quindi fondamentale che cane o gatto vengano esposti gradualmente agli stimoli che faranno parte della loro vita quotidiana, supportati se manifestano incertezza, invitati ma non costretti. E’ da evitare anche l’eccesso di protezione, tenendo cane o gatto sempre isolati e “sotto una campana di vetro”. Anche per loro è importante imparare a gestire delusioni, frustrazioni, a volte anche rabbia.
Distress.
In questo caso le sollecitazioni eccedono le capacità di risposta. Questo si verifica se la causa stressogena fisica o psichica è di intensità estremamente elevata oppure se si tratta di un prolungato stillicidio di situazioni stressanti di minor entità, ma continuative. L’individuo, non riuscendo ad adattarsi, arriva alla fase di esaurimento e si scompensa manifestando disturbi comportamentali e fisici.
La maggior parte dei disturbi comportamentali degli animali familiari alle nostre latitudini è collegata a stress cronici da mancanza di attività fisica ( perlustrativa, olfattiva, masticatoria) e sociale ( identificazione e comunicazione col gruppo familiare, ruolo e competenze all’interno del gruppo, relazioni coi simili). Per il gatto gli stress cronici sono legati soprattutto a vita in ambienti rumorosi, mancanza di attività e di stimoli ambientali idonei, condivisione forzata di spazi molto ridotti, posizionamento scorretto della cassetta igienica, mancanza di zone di isolamento.
I segnali di stress nel cane.
I segnali di stress nel cane sono facilmente identificabili, ma spesso non vengono “ascoltati” perché sono segnali visivi:
• tachicardia, respiro accelerato, salivazione eccessiva
• piloerezione
• inquietudine, distrazione, agitazione, piagnucolii e vocalizzazioni eccessive ( in questi casi spesso il cane viene forzato a rimanere in “zona disagio” e anche sgridato)
• leccamenti del muso, sbadigli tremori
• postura bassa, tendenza a nascondersi dietro le gambe del convivente umano
• minzioni emotive, diarree
• inappetenza o bulimia
• dermatiti ed enteriti croniche
• rincorrere e mordere la propria coda ( circling, tail chasing)
I segnali di stress nel gatto.
Eccoli:
• distrazione, agitazione, svogliatezza
• passività insolita
• miagolii di difesa
• eccessiva perdita di pelo o pelo arruffato
• pupille dilatate
• inappetenza o bulimia
• disturbi cronici delle basse vie urinarie
• dermatiti croniche da leccamento
Vorrei concludere proponendo due segnali che devono essere motivo di riflessione.
1) E’ un mangione! cani o gatti obesi che chiedono ripetutamente cibo e mangiano continuamente e voracemente spesso non “scoppiano di salute”, ma rivelano ( dopo aver escluso le cause cliniche) un malessere e una comunicazione disfunzionale: la bulimia è una condotta compensatoria. Quindi l’affermazione “ se mangia vuol dire che sta bene” non è sempre vera.
2) E’ stato buonissimo! E’ una chiave di lettura che fornisco sempre alla prima visita di un pet nelle famiglie con bambini, ma soprattutto quando la nuova introduzione è un coniglietto. Gli individui di questa specie infatti, in caso di stress o paura, assumono la posizione detta “freezing” ovvero si accucciano e restano immobili. Spesso questo comportamento viene scambiato per accettazione piacevole del contatto e il continuo perdurare di questo stress lascia indelebilmente una serie di sensazioni negative che possono ripercuotersi sulla salute fisica e mentale di chi subisce questo tipo di approccio unidirezionale.
E’ fondamentale quindi trascorrere tempo di buona qualità ( condividendo attività piacevoli) con i nostri amici a quattro zampe, imparare a leggere i loro segnali e a comunicare. Avere aspettative e aspirazioni adeguate alle caratteristiche e capacità dell’intero sistema familiare misto. Migliorare la qualità di vita dei nostri animali domestici significa avere a cuore il loro benessere ma, soprattutto, contribuire al raggiungimento dell’armonia dell’intero gruppo familiare.
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