“The Dog Daddy”, all’anagrafe Augusto Deoliveira, sedicente addestratore nato in Brasile e residente a Los Angeles in California, il 16 settembre sarà a Roma per un evento. Con 6 milioni di followers tra Instagram,YouTube,TikTok e Facebook, “The Dog Daddy” sarà nel nostro Paese per mostrare e dimostrare quello che sa fare con i cani “problematici”. Quella italiana è la sua unica “tappa” in Europa. Proprio in Italia. Chissà poi perchè.

Il giovane Augusto Deoliveira, per chi non lo conoscesse, si è conquistato la sua celebrità per due fatti: avere viaggiato dagli Stati Uniti al Regno Unito per rieducare una femmina di pastore tedesco Molly dal “carattere irrequieto e mordace” con “problemi di aggressività verso le persone estranee al nucleo familiare”; e per essere stato visto passeggiare a Hyannis nel Massachusetts, con i suoi cinque pastori tedeschi senza bisogno del guinzaglio in perfetto controllo.

Sul primo episodio in un articolo del 24 novembre 2022 riferito a Molly, Fanpage racconta che “il procedimento rieducativo” è stato documentato e diffuso sul canale Tik Tok, diventato poi virale. Nelle immagini “si nota chiaramente” il cambiamento comportamentale dell’animale apparso più docile e incline a farsi accarezzare. Tutto ciò dopo soltanto un giorno di addestramento.

Sul secondo episodio, invece, “i cani avevano addosso collari a punte e elettrici ed erano zombie che si trascinavano dietro al loro padrone – scrive Alex Capra Istruttore Enci e Csen, presidente dell’ASD Gentle Team i Laghi sul suo profilo Facebook -. Successivamente (“The Dog Daddy”, ndr) ha cambiato look, e ha deciso di farsi pagare per inibire i cani di proprietari incapaci di gestire il proprio cane. La maggior parte dei cani diventa un pupazzo di stracci appeso a un guinzaglio se subisce violenza oltre un certo grado”.

Commentando una sequenza di immagini, aggiunge. “Prima provano a difendersi o a fuggire. Lo vedete. Il cane tira indietro, guarda il proprietario in cerca di aiuto, morde il guinzaglio, in extrema ratio prova a mordere chi gli sta facendo del male. Solo che non può, perché o ha la museruola, o viene impiccato e soffocato. Nelle immagini del pastore tedesco obeso si vedono tre persone adulte tirare in due direzioni opposte, e il guinzaglio è attaccato a un collare a strangolo. I cani che non smettono di difendersi… per loro c’è l’eutanasia, perché quando portate un cane a questo livello di panico e stress, non c’è via di ritorno”.

Guardando “The Dog Daddy” mentre “lavora”, per chiunque abbia un minimo di sensibilità ed empatia nei confronti degli animali non può che inorridire, e rendersi conto facilmente che siamo dinanzi a vere e proprie violenze. Per medici veterinari, educatori e istruttori chi si occupano professionalmente di recupero comportamentale (materia assai complessa) nel rispetto della vita emotiva del cane, della sua fisiologia e benessere, le immagini sono agghiaccianti.

Penso che sia chiara anche un’altra cosa. Dietro le quinte di “The Dog Daddy” c’è sicuramente uno staff di professionisti che lavora molto bene in comunicazione e marketing. L’obiettivo è portare sul “mercato” questo personaggio, e fare profitti, facendo leva sull’ignoranza delle persone e la loro incapacità a gestire correttamente il proprio cane.

Di Augusto Deoliveira si è occupato (in positivo) anche Newsweek e, in Italia, il Corriere della Sera. Il profili social del giovane hanno fatto il resto facendo esplodere la sua popolarità negli Stati Uniti.

Tornando all’evento previsto il 16 settembre, sui social è partito, giustamente, un tam tam per cercare di capire come boicottare “The Dog Daddy” in Italia.

Ecco tre azioni concrete per contrastare questo triste evento:

  • Sul sito Change.org è online la petizione “Stop Dog Daddy. Impedite a dog daddy di lavorare a Roma” lanciata da Sara Tagliati che descrive “DogDaddy” come “un personaggio controverso” che compare in “video molto violenti in cui impicca i cani, li strattona e ne abusa in ogni modo”. Aggiunge che “DogDaddy” ha a suo carico diverse denunce per frode, truffa e molti siti lo accusano di aver lasciato morire i suoi stessi cani di fame e sete. “Impediamo a quest’uomo di continuare a nuocere” è l’accorato appello finale. Personalmente l’ho già firmata.
  • Per quanto mi riguarda invierò anche una mail a Cristina Rispoli, responsabile dell’Ufficio Animali d’Affezione del Comune di Roma (cristina.rispoli@comune.roma.it) esprimendo dissenso e facendo presente come l’iniziativa risulti in totale contraddizione con i principi dichiarati a livello istituzionale dal proprio Ufficio.
  • Segnalare a Facebook uno dei suoi video, flaggando le opzioni “violenza” e “violenza sugli animali”. Fatto.

Oltre a queste tre azioni concrete, una però dovrebbe essere intrapresa al più presto: organizzare una mobilitazione compatta di tutti gli addetti ai lavori tramite le proprie organizzazioni nei confronti delle istituzioni.

Penso, in primo luogo, ai Medici veterinari esperti in comportamento poi a a ENCI, e alle associazioni italiane più note quali AIECI (Associazione Istruttori Educatori Cinofili Italiani), APNEC (Associazione Professionale Nazionale Educatori Cinofili) che da tempo sono impegnate nella regolamentazione delle professioni del settore e la relativa formazione, poi ancora i tantissimi enti che a vario titolo si occupano di cinofilia in Italia e, ovviamente, tutti i soggetti del terzo settore. Occorre quindi recapitare il dissenso in maniera coesa a tutte le istituzioni locali, regionali, e nazionali, in primis il Ministero.

Concludo allargando un po’ il ragionamento.

Perchè in Italia e non, ad esempio, in Germania o Spagna? Parliamo di mercato. Se è stata scelta l’Italia “The Dog Daddy” pensa che qui ci sia (purtroppo) terreno fertile. In una parola sola: clienti. Temo che abbiano ragione. Quindi, adesso, oltre a contrastare l’evento, gli addetti ai lavori che rinnegano tali metodi di lavoro dovrebbero farsi anche un po’ di sana autocritica. Perchè, ancora oggi, metodi “medievali” riescono a trovare spazio e consenso tra le persone? È solo “colpa” dei social? Ci sono altri “Dog Daddy” in Italia? È arrivata l’occasione giusta per schierarsi.

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